TY - CHAP
T1 - Pratiche alimentari ed etiche postsecolari
AU - Monti, Paolo
PY - 2015
Y1 - 2015
N2 - [Ita:]L’esperienza religiosa richiama in sé la dimensione alimentare in molti modi, attingendo a una simbologia umana profonda che coglie il nesso fondamentale fra cibo, vita e relazioni. La convivialità, la mensa comune, il digiuno, la distinzione fra cibi puri e impuri: sono tutte esperienze che legano insieme una regola di vita e un significato dell’alimentazione. In questo senso le religioni sembrano conservare in modo privilegiato un nesso spesso smarrito nell’epoca contemporanea, legando insieme cibo e socialità, giustizia e dono.
Per altro verso, tuttavia, lo snodo problematico della distinzione di purità e impurità dei cibi segna un potenziale terreno di conflitto fra le diverse tradizioni religiose, oltre ad essere esposto a forme di sfruttamento e manipolazione di natura economica. Il fenomeno religioso, infatti, continua a giocare un ruolo determinante non solo per gli stili di vita alimentare di molte persone, ma anche, conseguentemente, nella gestione multiculturale dei servizi di assistenza alla persona e nello sviluppo di settori economici specializzati nella produzione e distribuzione di alimenti compatibili con le prescrizioni religiose.
Così intese, le pratiche alimentari hanno una valenza pubblica forte, in quanto in esse la risposta al bisogno fondamentale di nutrirsi, l’elaborazione culturale dei legami conviviali e la regolamentazione economica e giuridica si trovano strettamente intrecciate fra loro intorno ai gesti più quotidiani del preparare e del prendere cibo. Proprio per questo, è importante metterci in ricerca di una prospettiva etica e politica che non si limiti a regolamentare delle differenze (a ciascuno il proprio pasto, secondo criteri tecnici, economici, etnici, etc.) ma che colga nelle pratiche alimentari un’occasione per pensare al bene comune, non solo come risposta ai bisogni fondamentali ma anche come costruzione condivisa dei legami di solidarietà e di comprensione che fondano le nostre società.
Il tema del dono, dell’ospitalità e dell’eccedenza che caratterizza molti degli stili religiosi in ambito alimentare può infatti suggerire un senso umano del prendere cibo che va oltre il mero significato dell’alimentazione come nutrimento del corpo. Allo stesso modo, la necessità di tradurre le proprie credenze e le proprie esperienze in termini accessibili anche a persone non credenti o di altra fede, chiama i credenti a misurare la propria cultura del cibo con l’apertura a tutti dello spazio pubblico, con il rispetto di ogni individuo e con la disponibilità a mettere in discussione le proprie concezioni del giusto e dell’ingiusto, dell’inclusione e dell’esclusione.
AB - [Ita:]L’esperienza religiosa richiama in sé la dimensione alimentare in molti modi, attingendo a una simbologia umana profonda che coglie il nesso fondamentale fra cibo, vita e relazioni. La convivialità, la mensa comune, il digiuno, la distinzione fra cibi puri e impuri: sono tutte esperienze che legano insieme una regola di vita e un significato dell’alimentazione. In questo senso le religioni sembrano conservare in modo privilegiato un nesso spesso smarrito nell’epoca contemporanea, legando insieme cibo e socialità, giustizia e dono.
Per altro verso, tuttavia, lo snodo problematico della distinzione di purità e impurità dei cibi segna un potenziale terreno di conflitto fra le diverse tradizioni religiose, oltre ad essere esposto a forme di sfruttamento e manipolazione di natura economica. Il fenomeno religioso, infatti, continua a giocare un ruolo determinante non solo per gli stili di vita alimentare di molte persone, ma anche, conseguentemente, nella gestione multiculturale dei servizi di assistenza alla persona e nello sviluppo di settori economici specializzati nella produzione e distribuzione di alimenti compatibili con le prescrizioni religiose.
Così intese, le pratiche alimentari hanno una valenza pubblica forte, in quanto in esse la risposta al bisogno fondamentale di nutrirsi, l’elaborazione culturale dei legami conviviali e la regolamentazione economica e giuridica si trovano strettamente intrecciate fra loro intorno ai gesti più quotidiani del preparare e del prendere cibo. Proprio per questo, è importante metterci in ricerca di una prospettiva etica e politica che non si limiti a regolamentare delle differenze (a ciascuno il proprio pasto, secondo criteri tecnici, economici, etnici, etc.) ma che colga nelle pratiche alimentari un’occasione per pensare al bene comune, non solo come risposta ai bisogni fondamentali ma anche come costruzione condivisa dei legami di solidarietà e di comprensione che fondano le nostre società.
Il tema del dono, dell’ospitalità e dell’eccedenza che caratterizza molti degli stili religiosi in ambito alimentare può infatti suggerire un senso umano del prendere cibo che va oltre il mero significato dell’alimentazione come nutrimento del corpo. Allo stesso modo, la necessità di tradurre le proprie credenze e le proprie esperienze in termini accessibili anche a persone non credenti o di altra fede, chiama i credenti a misurare la propria cultura del cibo con l’apertura a tutti dello spazio pubblico, con il rispetto di ogni individuo e con la disponibilità a mettere in discussione le proprie concezioni del giusto e dell’ingiusto, dell’inclusione e dell’esclusione.
KW - Alimentazione
KW - Etica pubblica
KW - Nutrition
KW - Postsecolarizzazione
KW - Postsecularism
KW - Pratiche sociali
KW - Public ethics
KW - Social practices
KW - Alimentazione
KW - Etica pubblica
KW - Nutrition
KW - Postsecolarizzazione
KW - Postsecularism
KW - Pratiche sociali
KW - Public ethics
KW - Social practices
UR - http://hdl.handle.net/10807/65705
UR - https://books.google.it/books/about/nutrire_il_pianeta.html?id=sgttrgeacaaj
M3 - Chapter
SN - 9788865189863
T3 - RICERCA
SP - 212
EP - 222
BT - Nutrire il pianeta? Per un’alimentazione giusta, sostenibile, conviviale
A2 - Mascia, Matteo
A2 - Tintori, Chiara
ER -