(Non-)Violenza pubblica e giustificazione religiosa

Paolo Monti* (Editor)

*Autore corrispondente per questo lavoro

Risultato della ricerca: LibroOther report

Abstract

[Ita:]La giustificazione religiosa della violenza è storicamente una delle sfide centrali alla fondazione della convivenza civile, dall’accusa di empietà a Socrate, alle guerre di religione del XVI e XVII secolo, fino al terrorismo contemporaneo di matrice religiosa. Il pensiero democratico, la tradizione liberale e la riflessione moderna sulla tolleranza sorgono in misura importante da questa sfida. Il rapporto fra violenza e religione non è tuttavia univoco. I più brutali conflitti del XX secolo sono stati alimentati da ideologie secolari e ostilità etniche, lasciando il fattore religioso ai margini in favore di giustificazioni politiche, economiche e identitarie di altra natura. Per altro verso, compassione, amore e non-violenza fanno parte integrante della spiritualità delle religioni mondiali. Grandi protagonisti della storia recente come Gandhi, Martin Luther King o Desmond Tutu hanno giustificato in termini religiosi la propria opzione non-violenta e una significativa ispirazione religiosa ha caratterizzato recenti fenomeni politici non-violenti come la protesta di Solidarność in Polonia o la Rivoluzione Zafferano in Myanmar. Il tramonto delle teorie standard della secolarizzazione e il ritorno delle religioni sul palco principale della scena politica, ha riportato il pensiero etico e politico a confrontarsi col rapporto fra violenza pubblica e religioni. L’analisi ha preso direzioni molteplici, indagando i rapporti fra pensiero religioso e comprensione della conflittualità sociale e politica (Girard, Taylor, Esposito, Agamben), interpretando i meccanismi culturali di giustificazione e motivazione religiosa che guidano l’azione terroristica e la brutalità fondamentalista (Asad, Strenski, Juergensmeyer), sondando la storia del pensiero filosofico-teologico sul tema della giustificazione della guerra giusta (Steffen, Clarke). Da queste analisi emerge come le religioni stiano mutando le forme della giustificazione religiosa della violenza e della non-violenza nel quadro della tarda secolarizzazione. La forza politica del conservatorismo e del fondamentalismo religioso (Arabia Saudita, India, Stati Uniti) si alimenta del distacco fra credenza fideistica ed elaborazione culturale (Roy), eppure in società tecnologicamente ed economicamente avanzate le religioni continuano a fornire un contributo cruciale al discorso e all’azione pubblica sui temi del dialogo interculturale, della solidarietà e della giustizia sociale (Habermas). Così, da un lato i fenomeni del radicalismo violento saldano insieme immaginari spuri di fedeltà all’origine con forme ultramoderne di comunicazione commerciale ed elementi di contestazione dell’ordine economico e politico globalizzato (Žižek). Dall’altro, chiese e movimenti religiosi contribuiscono a livello globale alla causa della convivenza fra i popoli e dell’accoglienza delle popolazioni in fuga dai conflitti veicolando una preoccupazione per la giustizia che supera i confini degli stati nazionali (Beck).
Titolo tradotto del contributo[Autom. eng. transl.] (Non-) Public violence and religious justification
Lingua originaleItalian
Numero di pagine4
Volume8
Stato di pubblicazionePubblicato - 2017
Pubblicato esternamente

Keywords

  • Giustificazione pubblica
  • Nonviolence
  • Nonviolenza
  • Public justification
  • Religion
  • Religione
  • Violence
  • Violenza

Fingerprint

Entra nei temi di ricerca di '(Non-)Violenza pubblica e giustificazione religiosa'. Insieme formano una fingerprint unica.

Cita questo