Abstract
[Ita:]Il saggio propone una ricognizione sulla vicenda musicale del duomo di Verona dagli inizi degli anni Novanta del ‘500 al 1630. Un arco temporale che – in assonanza con quanto si può rilevare in altre istituzioni padane – risulta di grande interesse poiché consente di cogliere le scelte di indirizzo adottate dal Capitolo veronese in una temperie caratterizzata da rilevanti mutamenti. In questa prospettiva, indicazioni illuminanti vengono dall’evoluzione degli organici vocali e strumentali che lo studio propone integralmente dal 1590 al 1630. Sulla scorta di tale evoluzione, risulta pienamente evidente che la cappella del duomo – pur non potendo vantare un numero di musici salariati pari a quello riscontrabile in altre chiese del Nord Italia (da San Marco a Venezia, a San Petronio a Bologna, a Santa Maria Maggiore a Bergamo, alla Steccata di Parma) – si allinea con gli orientamenti più avanzati del primo Barocco. Lo attestano la presenza stabile di uno o due violinisti e l’apporto, sia pure limitato nel tempo, di un suonatore di violone. La dinamica degli organici, in particolare, presenta valori che – apprezzabili nell’ultimo scorcio del secolo XVI – raggiungono livelli abbastanza elevati nelle prime due decadi del Seicento. Dopo il 1621 gli indici si muovono sotto altro segno. La cappella veronese – più di altre istituzioni padane - accusa il turning point del 1619-1622 indicato dagli storici come l’avvio della prima crisi economica generalizzata del ‘600. La contrazione del numero dei musici salariati è il risultato di una fase di declino finanziario inarrestabile. I reggenti per celebrare le festività più importanti dell’anno liturgico sono costretti ad ingaggiare musici ‘forestieri’. Questo apporto di cantori e suonatori straordinari non rappresenta - in vero - una novità, in quanto proposto anche negli anni precedenti in ottemperanza alla fastose istanze della policoralità barocca. Tuttavia, dopo il 1622, esso s’impone come una scelta obbligata per superare, in occasione delle ricorrenze più avvertite, l’inadeguatezza degli organici stabili.
A dispetto di questa involuzione, le attività musicali nel duomo di Verona individuano un modello che pretende attenta considerazione anche in ragione della stretta correlazione tra cappella e scuole accolitati (in quest’ambito è innegabile la convergenza con gli orientamenti adottati in Santa Maria Maggiore a Bergamo). Da ultimo, non vanno trascurati i contatti con l’Europa del Nord. La città scaligera, importante crocevia sulla strada delle genti, si pone come un importante punto di riferimento per i musici diretti verso la Polonia, l’Austria e la Germania. Questo flusso migratorio rappresenta per la cappella musicale un’importante occasione di confronto di esperienze in tanto preziose, in quanto acquisite in luoghi diversi. L’attitudine dell’istituzione veronese a superare l’inerzia della tradizione deve, in certa misura, essere ricondotta a queste sollecitazioni che - sottratte all’estemporaneità - risultano decisive nell’esplicare i nuovi paradigmi della sensibilità barocca
Titolo tradotto del contributo | [Autom. eng. transl.] Music in the Cathedral of Verona in the years 1590-1630 |
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Lingua originale | Italian |
Titolo della pubblicazione ospite | Musicology without Frontiers, Essays in Honour of Stanislav Tuksar |
Editor | Ivano Cavallini, Harry White |
Pagine | 67-96 |
Numero di pagine | 30 |
Stato di pubblicazione | Pubblicato - 2010 |
Pubblicato esternamente | Sì |
Keywords
- Duomo Verona
- Po valley
- barocco padano
- baroque music
- cappelle musicali
- maurizio padoan
- musica barocca
- north Italian music
- post-Tridentine
- sacred music