Abstract
[Ita:]Il buon Samaritano, descritto nel vangelo di Luca (10, 25-37) come uno straniero misericordioso che presta soccorso a un ferito trovato per la strada e ignorato da altri viandanti, con l’intermediazione di un ospedale locale, è tra i più antichi e noti esempi di successo nel terreno accidentato degli aiuti umanitari, finalizzati a prevenire e attenuare la sofferenza umana.
La realtà odierna è assai meno idilliaca e gli aiuti internazionali alle popolazioni meno sviluppate o vittime di catastrofi naturali o umanitarie, pur animati dalle migliori intenzioni, sono spesso largamente inefficaci, quando non addirittura dannosi. In Dead Aid (2009), Dambisa Moyo rammenta che: “È ora di smetterla di fingere che il modello di sviluppo basato sugli aiuti ora in voga possa generare una crescita economica sostenuta nei paesi più poveri. Non sarà così”. Bill Easterly (The White Man Burden, 2006, ricalcando Rudyard Kipling) rammenta che le donazioni internazionali fanno ben poco per equipaggiare i paesi più poveri nella transizione rostowiana dalla povertà all’industrializzazione. Alcune sintetiche considerazioni ci aiuteranno a capire meglio il perché di questo paradosso.
Titolo tradotto del contributo | [Autom. eng. transl.] Humanitarian aid and the Samaritan paradox |
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Lingua originale | Italian |
pagine (da-a) | 63-70 |
Numero di pagine | 8 |
Rivista | VITA E PENSIERO |
Stato di pubblicazione | Pubblicato - 2010 |
Keywords
- aiuti umanitari
- microfinanza
- sussidiarietà
- trappole povertà