Eschilo, Coefore 969-971

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Abstract

[Ita:]I versi conclusivi del terzo stasimo delle Coefore (vv. 969-71) sono riportati nel codice M in forma certamente guasta e nessuno dei molti tentativi di correzione del testo si è finora imposto all'attenzione degli editori (alle cruces fa ricorso, in tempi più recenti, anche West). Una soluzione che, oltre al vantaggio d'essere poco invasiva, restituisce un senso coerente con i temi principali della trilogia è la seguente: "per i piangenti meteci (θρεομένοις μετοίκοις, dat. pl.) della casa (δόμων, gen. pl.) le sorti (τύχαι, nom. pl.) cadranno di nuovo (πεσοῦνται πάλιν) con un lancio fortunato (εὐπροσώπῳ κοίτᾳ, lett. "con un giacere dalla faccia favorevole in tutto a vedersi"). Il termine "meteci" va riferito a Oreste ed Elettra: fino ad ora essi sono stati ἄτιμοι nella loro stessa casa, in mano ai tyrannoi Clitemestra ed Egisto (per l'uso metaforico di metoikos per indicare chi, pur appartenendo di fatto alla città non gode dei pieni diritti di cittadinanza, si veda ad es. Isocrates Paneg. 105: ἔτι δὲ κοινῆς τῆς πατρίδος οὔσης τοὺς μὲν τυραννεῖν τοὺς δὲ μετοικεῖν καὶ φύσει πολίτας ὄντας νόμῳ τῆς πολιτείας ἀποστερεῖσθαι). La condizione di inferiorità ed esclusione dei due figli di Agamennone dai beni e dai privilegi della loro stessa casa è stata da loro stessi ripetutamente sottolineata nelle scene precedenti (135 (ἀντίδουλος, 405 ss. δωμάτων ἄτιμα, 444 s. ἐγὼ δ' ἀπεστάτουν / ἄτιμος, οὐδὲν ἀξία). Il termine μέτοικος ha dunque qui il significato della formula omerica ἀτίμητος μετανάστης con cui è designato Achille, privato del suo γέρας, in Il. 9, 647 s. and 16, 58; si veda Eust. Comm. Hom. Il. 781, 19 and 1045, 60: ἀτίμητον δὲ μετανάστην λέγει τὸν ἄτιμον μέτοικον, οἷα τῶν μετοίκων ὡς τὰ πολλὰ οὐκ ἐντίμων ὄντων; e si veda anche Soph. El. 189, dove Elettra si definisce ἁπερεί τις ἔποικος ἀναξία / οἰκονομῶ θαλάμους πατρός, con il commento della Suda: ἔποικος ἀντὶ τοῦ μέτοικος (α 1983 and ε 2877 A.). Questa soluzione testuale permette di conservare la metafora del gioco dei dadi che lo Scolio leggeva in questi versi (per questa popolare immagine vd. ad es. Menand. Sent. 862 Jakel: ὡς εὐκόλως πίπτουσιν αἱ λαμπραὶ τύχαι). In questo momento in cui, con la morte di Clitemestra, la catena di delitti all'interno della stirpe degli Atridi giunge a conclusione, ritornano alcune delle immagini che avevamo incontrato all'inizio della trilogia, secondo una struttura ad anello tipica dell'arte compositiva di Eschilo: per la metafora dei κύβοι che cadono con una faccia favorevole vd. Agam. 32-33; per l'immagine dei metoikoi si veda la similitudine degli avvoltoi ai vv. 49 ss, della parodo dell'Agamennone, con cui i versi finale del terzo stasimo sono in stretta relazione (così come l'incipit stesso del III stasimo è in evidente corrispondenza, contenutistica e anche linguistica, con l'incipit della parodo). Il participio θρεομένοις, per il quale Musgrave e Paley proponevano la fortunata correzione πρευμενεῖς (da connettersi con τύχαι), può essere a mio parere co
Titolo tradotto del contributo[Autom. eng. transl.] Aeschylus, Coefore 969-971
Lingua originaleItalian
pagine (da-a)1-30
Numero di pagine30
RivistaRHEINISCHES MUSEUM FÜR PHILOLOGIE
VolumeCXLIX
Stato di pubblicazionePubblicato - 2006

Keywords

  • Aeschylus
  • Choephori
  • Coefore
  • Eschilo
  • Orestes
  • meteci
  • metics
  • terzo stasimo

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