Abstract
[Ita:]Dopo la Lettera al congresso AIDP del 2014, già pubblicata e commentata in questa Rivista, papa Francesco torna a riflettere sulla pena con un discorso dell’ottobre 2014 a una delegazione AIDP e con una Lettera del marzo 2015 al Presidente della Commissione internazionale contro la pena di morte. Questi testi delineano, ormai, un approccio complessivo del pontefice al problema penale. Al centro viene posto il principio pro homine secondo cui la pena è chiamata ad assumere contenuti di promozione della dignità del condannato non più costruiti in termini di corrispondenza alla negatività del reato, ma orientati a finalità di giustizia riparativa che attribuiscano effettivamente alla detenzione il ruolo di ultima ratio. Viene rimarcato come si faccia uso, sovente, del diritto penale creando capri espiatori, al fine di non affrontare problemi sociali che richiederebbero ben altre risposte. Come altresì si sottolinea il coinvolgimento, in molti paesi, degli stessi pubblici poteri nella realizzazione di reati gravi (tortura, tratta, corruzione). Si ribadisce, inoltre, l’assoluta inaccettabilità della pena di morte, che mai può essere considerata una manifestazione della legittima difesa: evidenziando come essa, spesso, sia applicata di fatto anche in paesi che l’hanno formalmente abolita. Ne deriva il recupero di un importante contributo culturale della riflessione di matrice religiosa alla riforma dei criteri d’intervento della giustizia penale, ispirato all’idea della cautela in poena.
Titolo tradotto del contributo | [Autom. eng. transl.] "Cautela in poena" |
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Lingua originale | Italian |
pagine (da-a) | 469-481 |
Numero di pagine | 13 |
Rivista | RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE |
Volume | LVIII |
Stato di pubblicazione | Pubblicato - 2015 |
Keywords
- carcere come "extrema ratio"
- corruzione, tortura, tratta
- pena di morte
- pena e papa Francesco