TY - JOUR
T1 - Digital Data & Big Data
AU - Spigno, Giorgia
PY - 2023
Y1 - 2023
N2 - [Ita:]Nel chiedermi come definirmi rispetto ai “nativi digitali” ho indagato sull’origine del termine. Si tratta di un'espressione coniata da Marc Prensky nel 2001 per indicare gli studenti nati dopo il 1985 (anno di svolta nella diffusione di massa dei computer e dei sistemi di interazione grafica con essi) in un articolo dedicato alla necessità di sviluppare adeguati percorsi di istruzione per la nuova generazione digitale. L’articolo provocò una serie di critiche, soprattutto per sottolineare che essere nativo digitale non significhi automaticamente possedere competenze digitali (lo stesso Prensky più tardi propose i concetti di saggezza, piuttosto che di stupidità digitale). Chi come me è nato prima del 1990 sarebbe invece un Immigrato Digitale, trovatosi cioè a utilizzare tecnologie che alla nascita non esistevano o non erano ancora così diffuse.
Nativi o immigrati, non possiamo oramai evitare di fare i conti con i digital data e i big data, la loro imponenza, le loro applicazioni, e le loro criticità. Nel settore agro-alimentare le potenzialità sono tantissime, dalla produzione primaria, al marketing, alla sicurezza alimentare, al controllo qualità, al controllo di processo e non solo. Facile capire come i dati di acquisto e consumo possano essere sfruttati per analizzare le tendenze di mercato o, viceversa, la possibilità di sfruttare i canali digitali per informare ed educare verso sempre più corrette abitudini e scelte alimentari. Ma anche la potenzialità di potere raggiungere in breve tempo un elevato numero di persone per comunicare gravi allerte alimentari. O ancora, poter sviluppare sistemi rapidi di controllo qualità di materie prime, semilavorati, prodotti finiti, simulare, prevedere e controllare i processi produttivi. Tutto ai fini dell’ottimizzazione dei processi del sistema alimentare con riduzione delle perdite e sprechi, riduzione del rischio igienico sanitario degli alimenti, miglioramento della qualità dei prodotti.
Ma è davvero una novità?
Da sempre la scienza si sforza di trovare modelli e relazioni, empirici o meccanicistici, che permettano di comprendere, descrivere e, quindi, prevedere, controllare e ottimizzare i processi. Si pensi a quella che è stata la storia della microbiologia e i traguardi via via raggiunti in ambito alimentare. La scoperta del ruolo dei patogeni, dei meccanismi di morte e crescita cellulare, la loro dipendenza da parametri di processo e ambientali, la loro modellazione ai fini del calcolo e controllo di adeguati trattamenti termici o periodi di conservazione, o per una valutazione quantitativa del rischio di esposizione dei consumatori. I modelli vanno però ancora perfezionati per tener debitamente conto della variabilità e incertezza dei dati e delle previsioni possibili.
Cosa è cambiato allora con l’era digitale?
Di sicuro non è cambiata l’esigenza di disporre di persone preparate che conoscano i fenomeni alla base dei processi, che sappiano cosa volere prevedere e controllare e perché, che sappiano valutare quali dati sperimentali servano e come ottenerli. Sono cambiate invece, in quanto aumentate e migliorate, le capacità di raccolta ed elaborazione di dati, la disponibilità di dati. Gli specialisti del settore agro-alimentare devono adesso comprendere le potenzialità dei digital & big data nel proprio settore, devono saper cercare e dialogare con specialisti informatici e statistici cui chiedere di applicare sistemi avanzati di machine learning e intelligenza artificiale alle proprie esigenze. Devono rendersi conto che insieme alle potenzialità emergono nuovi rischi per la sicurezza alimentare, legati ad esempio a possibili attacchi cibernetici ai sistemi aziendali. Aumenta ulteriormente l’interdisciplinarietà che da sempre ha caratterizzato le produzioni alimentari. Il team di persone dedicate alla gestione della sicurezza alimentare non è più lo stesso, servono nuove competenze di fianco a quelle tradizionali
AB - [Ita:]Nel chiedermi come definirmi rispetto ai “nativi digitali” ho indagato sull’origine del termine. Si tratta di un'espressione coniata da Marc Prensky nel 2001 per indicare gli studenti nati dopo il 1985 (anno di svolta nella diffusione di massa dei computer e dei sistemi di interazione grafica con essi) in un articolo dedicato alla necessità di sviluppare adeguati percorsi di istruzione per la nuova generazione digitale. L’articolo provocò una serie di critiche, soprattutto per sottolineare che essere nativo digitale non significhi automaticamente possedere competenze digitali (lo stesso Prensky più tardi propose i concetti di saggezza, piuttosto che di stupidità digitale). Chi come me è nato prima del 1990 sarebbe invece un Immigrato Digitale, trovatosi cioè a utilizzare tecnologie che alla nascita non esistevano o non erano ancora così diffuse.
Nativi o immigrati, non possiamo oramai evitare di fare i conti con i digital data e i big data, la loro imponenza, le loro applicazioni, e le loro criticità. Nel settore agro-alimentare le potenzialità sono tantissime, dalla produzione primaria, al marketing, alla sicurezza alimentare, al controllo qualità, al controllo di processo e non solo. Facile capire come i dati di acquisto e consumo possano essere sfruttati per analizzare le tendenze di mercato o, viceversa, la possibilità di sfruttare i canali digitali per informare ed educare verso sempre più corrette abitudini e scelte alimentari. Ma anche la potenzialità di potere raggiungere in breve tempo un elevato numero di persone per comunicare gravi allerte alimentari. O ancora, poter sviluppare sistemi rapidi di controllo qualità di materie prime, semilavorati, prodotti finiti, simulare, prevedere e controllare i processi produttivi. Tutto ai fini dell’ottimizzazione dei processi del sistema alimentare con riduzione delle perdite e sprechi, riduzione del rischio igienico sanitario degli alimenti, miglioramento della qualità dei prodotti.
Ma è davvero una novità?
Da sempre la scienza si sforza di trovare modelli e relazioni, empirici o meccanicistici, che permettano di comprendere, descrivere e, quindi, prevedere, controllare e ottimizzare i processi. Si pensi a quella che è stata la storia della microbiologia e i traguardi via via raggiunti in ambito alimentare. La scoperta del ruolo dei patogeni, dei meccanismi di morte e crescita cellulare, la loro dipendenza da parametri di processo e ambientali, la loro modellazione ai fini del calcolo e controllo di adeguati trattamenti termici o periodi di conservazione, o per una valutazione quantitativa del rischio di esposizione dei consumatori. I modelli vanno però ancora perfezionati per tener debitamente conto della variabilità e incertezza dei dati e delle previsioni possibili.
Cosa è cambiato allora con l’era digitale?
Di sicuro non è cambiata l’esigenza di disporre di persone preparate che conoscano i fenomeni alla base dei processi, che sappiano cosa volere prevedere e controllare e perché, che sappiano valutare quali dati sperimentali servano e come ottenerli. Sono cambiate invece, in quanto aumentate e migliorate, le capacità di raccolta ed elaborazione di dati, la disponibilità di dati. Gli specialisti del settore agro-alimentare devono adesso comprendere le potenzialità dei digital & big data nel proprio settore, devono saper cercare e dialogare con specialisti informatici e statistici cui chiedere di applicare sistemi avanzati di machine learning e intelligenza artificiale alle proprie esigenze. Devono rendersi conto che insieme alle potenzialità emergono nuovi rischi per la sicurezza alimentare, legati ad esempio a possibili attacchi cibernetici ai sistemi aziendali. Aumenta ulteriormente l’interdisciplinarietà che da sempre ha caratterizzato le produzioni alimentari. Il team di persone dedicate alla gestione della sicurezza alimentare non è più lo stesso, servono nuove competenze di fianco a quelle tradizionali
KW - NA
KW - NA
UR - http://hdl.handle.net/10807/258147
M3 - Editoriale in rivista / quotidiano
SN - 1824-341X
VL - 2023
SP - 5
EP - 5
JO - MACCHINE ALIMENTARI
JF - MACCHINE ALIMENTARI
ER -